Berlusconi ai servizi sociali, storia di un video

BERLUSCONI Berlusconi ai servizi sociali, storia di un video | Stefano Apuzzo Circa un mese fa, il settimanale “Chi” aveva pubblicato le foto di Silvio Berlusconi, seduto al tavolino con un’infermiera, nel giardino dell’Istituto “Sacra Famiglia” di Cesano Boscone. Si trattava di una pausa nel corso dell’impegno settimanale di 4 ore dell’ex Presidente del Consiglio affidato ai lavori socialmente utili, in esecuzione esterna della pena comminata per evasione fiscale. Svolgo opera di volontariato con l’Unione Samaritani dal 1997 in una casa di riposo per anziani a nord di Milano; una volta la settimana mi dedico all’aiuto al pasto. Faccio due chiacchiere con gli anziani ricoverati, porto loro il caffè, quando capita porto un piccolo regalino. Qualcosa di molto simile a quello che fa Berlusconi a Cesano. Con molti di loro siamo diventati amici, è scattata una sintonia. Purtroppo, per ovvie ragioni, il “turn over” è molto frequente e di amici e simpatie, da quel lontano 1997, ne ho perse parecchie. Un amico che ha la moglie ricoverata nell’istituto dove svolgo volontariato, mi ha pregato di verificare le condizioni di un paio di case di riposo per un ipotetico spostamento della congiunta, allettata e non autosufficiente.

Dopo il mio servizio di volontariato mi sono quindi recato alla “Sacra Famiglia” di Cesano per dare un’occhiata in giro e per riportare qualche immagine al mio amico, il quale si era già informato su costi e disponibilità.
In bicicletta, ancora in camice bianco, sono giunto a Cesano, sono entrato e mi sono recato al padiglione San Pietro, riservato agli ospiti gravi e Alzheimer, semplicemente chiedendo informazioni ad un’infermiera e ad una suora.
Gli ampi giardini e cortili della “Sacra Famiglia” erano puntellati di una visibile ma discreta presenza di Carabinieri, Polizia e guardie giurate.
Sono entrato al San Pietro e ho fatto un giro per rendermi conto delle condizioni generali che ho trovate decisamente buone. Il ricovero nella struttura, d'altronde, non è proprio tra i più economici della Lombardia.
Nel ripassare dal salone dove si svolgono le attività di animazione, m’imbatto in Silvio Berlusconi in camice bianco. Si avvicina a me, verso la macchinetta del caffè e lo saluto: “buon giorno, Presidente”. Ci stringiamo fugacemente la mano.
Poiché mi trovavo a raccogliere alcune immagini per il mio amico, ho semplicemente continuato a filmare con la micro camera. Ovviamente, in quel momento, al volontario si è affiancato con una certa prepotenza lo spirito e la curiosità del giornalista, dell’evento di cronaca.
Nel salone appaiono anche un paio di signore, parenti di ricoverati, scambiano due chiacchiere con il leader di Forza Italia.
Berlusconi sembra a suo agio, sorride, fa colazione con un’infermiera e poi dona una collana ad una signora ospite.
Mi è sembrato che quelle immagini potessero essere di interesse pubblico, anche se ho sempre rifuggito e rifuggo la morbosa invadenza di molti colleghi e pseudo giornalisti, di paparazzi alla Corona.
Anche per questo motivo non mi sono permesso di disturbare Silvio Berlusconi, che per quanto mi riguardava, avrebbe anche potuto essere Pasquale Esposito, con domande o curiosità banali. Era li per svolgere un compito a favore di persone fragili e, obbligato o meno che fosse tale compito, mi appariva anti etico e inconcepibile irrompere o disturbare.
Da questo evento di cronaca, testimoniato da un video che, giornalisticamente, è un documento ritenuto eccezionale da chi lo ha visionato e ha deciso di pubblicarlo, quali deduzioni posso trarre?
Che i lavori socialmente utili sono un’opportunità importante che dovrebbe essere allargata a tantissime persone che, altrimenti, rischiano di scontare la pena in carcere.
Da quando è in vigore l’infame legge Fini Giovanardi, circa due milioni di giovani sono passati dal carcere o dalle aule di tribunale per uno spinello o poco più.
Il carcere è un’istituzione barbara e medioevale che deve essere abolita. Non è rieducativo, ma anzi peggiora le persone; è a tutti gli effetti un’istituzione di tortura e privazione della dignità umana.
Le cosiddette “pene alternative” e le esecuzioni di pena esterne devono diventare la norma e non l’eccezione: ciò deve valere sia per Berlusconi, sia per l’uomo della strada.
Nei casi più gravi si ricorra agli arresti domiciliari o al carcere per reati gravissimi, ma con ottica rieducativa e di reinserimento sociale sul modello nord europeo.

Seconda riflessione: la sicurezza dei personaggi pubblici. La sicurezza non esiste, è una invenzione, un’ossessione irrealizzabile.
In qualsiasi luogo è sufficiente presentarsi con una divisa, una tonaca o un camice bianco e nessuno ti fermerà.
In Italia, l’abito fa il monaco. Avvicinare un leader politico o un personaggio pubblico è cosa facile, mai impossibile.
Non ci si mette al riparo da attentati con scorte di eserciti. Scorte di polizia e attività serie di intelligence devono servire a chi combatte ogni giorno le mafie.
I politici possono scansare i principali pericoli conquistandosi la benevolenza della propria gente e la popolarità: ad esempio come la Merkel che, nel corso dei primi anni di mandato, faceva la spesa da sola al supermercato o il Presidente dell’Uruguay che fa la fila in ospedale per un malore e che gira con una vecchia auto scassata.
Non dico che la scorta e la protezione delle forze dell’ordine non servano per alcune personalità politiche e pubbliche.
Ma in Italia siamo al ridicolo: la scorta viene assegnata anche all’ultimo esponente politico, magari anche indagato o condannato per corruzione.
Perché degli agenti devono rischiare la vita per gente simile? Sorvolo su chi la scorta la usa per un malinteso status symbol o per fare la spesa.
Non solo Silvio Berlusconi, che dall’alto del suo benessere miliardario, avrà avuto poche occasioni di rendersi conto cosa significhino la povertà e la sofferenza vere; ma tutti gli esponenti politici nazionali, dovrebbero essere obbligati ad un tirocinio annuale in casa di riposo (magari nell’ottima “Sacra Famiglia” di Cesano), con i migranti richiedenti asilo o con i profughi assistiti dalla Caritas.

Una classe politica distante dal Paese reale e dai veri bisogni dei più deboli, non può che produrre i danni che abbiamo visto in questi decenni. Per Berlusconi l’esperienza alla “Sacra Famiglia” sarà decisamente formativa, il carcere non gli sarebbe servito a nulla, anche se ne ha combinata una più di Bertoldo.
L’auspicio è che la “Sacra Famiglia” ci restituisca, alla fine della pena, un uomo migliore o per lo meno, più consapevole.
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